venerdì 9 dicembre 2011

I COLLEGHI DI MADRID


 Dal 4 al 6 novembre 2011 si è tenuta a Madrid la Seconda Conferenza degli Sceneggiatori Spagnoli organizzata da EDAV-Escriptors de l'Audiovisual Valencià  e convocata da FAGA-Foro de Asociaciones de Guionistas del Audiovisual e ALMA-Sindicato de Guionistas. 
Alla Conferenza hanno partecipato 279 sceneggiatori e questo che segue è il loro testo conclusivo.

Siamo orgogliosi di essere sceneggiatori. Siamo un gruppo con un incrollabile senso di appartenenza. E nonostante la nostra situazione occupazionale sia spesso precaria, noi non solo continuiamo a lavorare ma creiamo anche lavoro per altri.
Patiamo la serie di cattive abitudini del settore audiovisivo, ma non per questo cessiamo di credere nel potenziale di sviluppo dell’industria e nell’eredità culturale che rappresentiamo.
Per tutte queste ragioni, al termine della Seconda Conferenza degli Sceneggiatori, vogliamo affermare che:
1) Nonostante l’attuale crisi e al di là del fatto che molti modelli produttivi potrebbero cambiare, il pubblico continuerà a chiedere contenuti. E, questo lo vogliamo sottolineare, non ci sono contenuti senza sceneggiatori. Noi sceneggiatori siamo necessari e continueremo ad esserlo.
2) Noi sceneggiatori vediamo il moltiplicarsi di vetrine per opere audiovisive come un'opportunità. Le strutture di produzione tradizionali non scompariranno ma coesisteranno con le nuove forme di creazione, produzione e realizzazione. Questa è una buona opportunità per tutti quelli come noi che vorrebbero assumere rischi maggiori al fine di avere maggiore controllo sul proprio lavoro.
3) Gli scripts meritano il rispetto di chiunque sia coinvolto nel fare fiction televisiva; dalla nascita di un progetto alla sua messa in onda. Qualunque sia l’impostazione e l’organizzazione del lavoro, scrivere una buona sceneggiatura richiede condizioni minime per essere sviluppata correttamente ma molte compagnie di produzione tendono a tradire questo presupposto a loro esclusivo beneficio, senza riguardo per i professionisti. Una legislazione, concordata con l’industria, è necessaria a proteggerci da questi abusi. Inoltre, quando le condizioni di lavoro non sono eque, gli sceneggiatori hanno il dovere di dire NO.
4) Scrivere sceneggiature comporta considerazione: dove c’è creazione, c’è autorialità. La nostra produzione occupa un alta percentuale dei palinsesti televisivi, eppure i network tendono a compararci agli editors. I nostri compensi sono conseguentemente più bassi, l’aspetto creativo del nostro lavoro è ignorato e ci è negato il diritto a royalties. Noi chiediamo un dibattito con l’industria e con le società di gestione del diritto d’autore per affrontare la questione, tra le altre, di quali formati dovrebbero generare diritti d’autore e quali dovrebbero essere esclusi.
5) I network devono relazionarsi con gli sceneggiatori nel momento in cui questi propongono nuovi contenuti. Il fatto che i canali abbiano difficoltà nel definire nuove tendenze al di là di proposte ripetitive o conservatrici, è il sintomo del basso coinvolgimento degli sceneggiatori nella fase di elaborazione di format e strategie. La buona televisione è quella che definisce la sua personalità attraverso un’intelligente combinazione tra rischio ed equilibrio produttivo. Noi sceneggiatori possiamo e vogliamo avere un ruolo in questo processo. E’ necessario che i canali ci vedano e ci ascoltino per creare ed affermare un vero mercato delle idee.


6) Abbiamo appurato l’esistenza di un divario nell’industria cinematografica fra il tipo di film proposti e il tipo di storie che il pubblico ci chiede. La nostra non vuole essere una critica fine a sé stessa, ma una riflessione che merita una ricerca di soluzioni da parte di tutti gli interessati, da noi stessi agli stessi esercenti di sala, passando per registi, produttori e distributori. E’ tempo di sederci tutti insieme e valutare come ci avviciniamo alle reali aspettative e ai veri gusti degli spettatori.
7) Le imprese televisive pubbliche, specialmente quelle regionali, rischiano di scomparire. La loro funzione e i loro servizi sono indiscutibili: garantiscono la diversità e la ricchezza che ci definisce come società e sono piattaforme fondamentali per produrre formati più innovativi. Al di là dei risultati economici, la loro sopravvivenza deve essere valutata in termini di funzioni sociali. In quest’ottica, noi sceneggiatori non abbiamo intenzione di permettere ai politici di manipolare le emittenti televisive pubbliche e di decidere il loro destino.
8) Noi sceneggiatori ci stiamo impegnando in una chiara e forte difesa del diritto d’autore. Contrariamente a ciò che è stato trasmesso all’opinione pubblica, attaccare il diritto d’autore di fatto fa l’interesse di grandi corporations e di una certa industria culturale che si arricchisce alle spalle degli autori e degli stessi consumatori. Il Copyright Act protegge gli autori e consente di condividere quei profitti che il loro lavoro genera. I diritti d’autore sono i primi garanti dell’esistenza del nostro lavoro, indipendentemente dalla società che li gestisce.
9) Restando in tema di diritti d’autore e diritti contrattuali, società di gestione collettiva sono la miglior soluzione per venire incontro e soddisfare le reali esigenze dei loro partner e soci. In un contesto similmente configurato, partner e soci devono infatti impegnarsi per il loro effettivo funzionamento. L’immagine degli autori è il nostro primo e personale impegno.
10) Noi sceneggiatori richiediamo un’immediata revisione della Legge sulla Libertà di Associazione. I sindacati devono essere posti nelle condizioni di difendere la nostra categoria professionale attraverso negoziazioni, contratti e accordi di settore. Invitiamo gli altri partner dell’industria a unirsi a questa richiesta.
Se i 10 punti volessimo scriverli per l'Italia, cosa toglieresti e cosa aggiungeresti?

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