giovedì 13 dicembre 2012

UNA BELLA STORIA




La storia bella comincia lo scorso 21 novembre. Il nuovo direttivo della SACT invia una lettera alla Presidente della RAI, dott.ssa ANNA MARIA TARANTOLA chiedendo un incontro.




La Presidente ci risponde nel giro di un giorno, personalmente, dimostrando una cortesia squisita e accettando l`incontro con queste parole:

"...condivido la considerazione che lo scambio di idee, proposte e valutazioni e` una via molto utile per risolvere i problemi e delineare le azioni".

Dopo un quarto d`ora, arriva in segreteria l`email ufficiale con la data dell`appuntamento: 14 dicembre ore 10. Incredibile.
 

La storia bella prosegue: una settimana fa, pur nella convulsa preparazione del piano di produzione 2013, la nuova Direttrice di RAI FICTION, TINNI ANDREATTA, trova spazio e tempo per ricevere il direttivo della SACT e preparare insieme l`incontro con la Presidente.

In più, anche il Direttore Generale RAI,  LUIGI GUBITOSI si è reso disponibile per incontrare a sua volta la SACT il prossimo
14 gennaio.

Il cambiamento, che registriamo con vivo piacere, rispetto all`atteggiamento precedente della RAI è straordinario: ne ringraziamo apertamente tutti i nostri nuovi interlocutori. Ci sentiamo più vicini alle grandi Nazioni dell`Europa.

Ovviamente, noi puntiamo anche alla conclusione bella della bella storia, al "vissero felici e contenti". Chissà. Vi faremo sapere.



ECCO IL TESTO DELLA NOSTRA LETTERA
ALLA PRESIDENTE DELLA RAI


Gentilissima Presidente,
la nostra associazione rappresenta la categoria degli sceneggiatori e in particolar modo degli sceneggiatori televisivi.  Molti dei nostri soci hanno firmato e continuano a firmare i successi della Fiction RAI.
Lo scorso 30 ottobre abbiamo rinnovato il nostro Direttivo e ci sembra doveroso chiederLe un incontro per poterci presentare e consentirLe di conoscere meglio la SACT (Scrittori Associati di Cinema e Televisione). Purtroppo nelle precedenti gestioni è stato impossibile stabilire un confronto continuativo con la Governance della RAI e in questo senso abbiamo apprezzato le Sue dichiarazioni circa il rinnovo dell’azienda e il cambio di passo rispetto al passato: siamo infatti convinti che per un piano editoriale nuovo sia indispensabile un colloquio con gli autori.
Nelle condizioni attuali di crisi del Paese e di contrazione degli investimenti, crediamo – così come la vostra nuova RAI crede - che la fiction possa costituire non solo l’occasione di rilancio dell’azienda, ma anche la risposta alla diffusa esigenza culturale di riconoscersi in storie del presente. Come scrittori sentiamo il dovere e abbiamo l’ambizione di farlo, di rappresentare cioè mente, cuore, stomaco e polmoni di un Paese che sta affrontando un difficile percorso di cambiamento.
Sappiamo che non sarà cosa semplice, che i soldi a disposizione non sono quelli di ieri, che il quadro dell’intero sistema audiovisivo è in evoluzione. Sappiamo che possiamo e dobbiamo venirci incontro per lavorare tutti al meglio: è interesse comune aumentare la produttività.
Riteniamo che la crisi debba diventare opportunità. Crediamo nel talento e crediamo nelle idee, crediamo in una creatività motore di un sistema industriale. Crediamo nel parlar franco.
Per questo, vorremmo sottoporre alla Sua attenzione, e a quella dei Suoi collaboratori, delle proposte tese a migliorare ciò che conosciamo bene e di cui rispondiamo come professionisti e cioè la fase cruciale di ogni progetto di fiction, la sua nascita attraverso il processo di scrittura.
Vorremmo che si creasse una sinergia tra noi e Voi, tra gli scrittori e la RAI in qualità di editore: vorremmo regole condivise per ottimizzare tempi e modi della scrittura, vorremmo un canale di comunicazione diretto per innovare generi e contenuti.
A basso budget deve corrispondere più contenuto.
C’è bisogno di nuovi linguaggi per le nuove piattaforme.
Le idee devono essere messe in competizione: vanno scoperti talenti e organizzati concorsi per la narrazione sia sulle reti generaliste che sul web e il digitale.
Verremmo, quindi, a presentarLe nel dettaglio le nostre proposte, a raccontarLe anche delle criticità, ma verremmo soprattutto per ascoltare: siamo abituati a lavorare in gruppo, ci piace collaborare e abbiamo molta fiducia nella Sua professionalità, disponibilità e coraggio.
Restiamo in attesa di una Sua risposta e La ringraziamo in anticipo per la Sua cortese attenzione,
Roma, 21 novembre 2012
Il Presidente della SACT: Carlo Mazzotta
                         Il Direttivo della Sact:
                         Marcello Olivieri (Vicepresidente)
                         Barbara Petronio (Vicepresidente)
                         Michele Alberico
                         Vinicio Canton

martedì 4 dicembre 2012

DIRITTO D'AUTORE: UNA PETIZIONE


Domani 5 dicembre, Manuel Barroso ha convocato la Commissione Europea per prendere alcune decisioni sul sistema del diritto d`autore in Europa.


La SAA (che raccoglie un nutrito pacchetto di società di collecting tra cui la SIAE) ha lanciato una petizione, in cui si chiede di non modificare i diritti degli autori, soprattutto se si vuole farlo in nome di un supposto danno alla libera fruizione dei beni culturali da parte dei cittadini europei.



Il diritto dell`autore di beneficiare del ricavo delle proprie creazioni, da Beaumarchais in poi, non è mai stato un diritto opposto al diritto degli altri di fruire di quelle stesse creazioni: l`art. 27 della dichiarazione ONU dei diritti dell`uomo li elenca uno di seguito all`altro, in pari grado. Ma il fatto è che quando, a proposito di diritto d`autore, oggi si pronuncia la parola libertà, si vuole parlare di web.  Sul web, denuncia la petizione, non volano solo gli angeli dello spirito "libero", ma anche gli interessi economici di molte lobby che sentono frenata la loro "libertà" di guadagno dalle leggi sul dir itto d`autore. Quindi la SAA chiede di lasciare le cose come stanno, di premere il pedale del freno o semmai di tirare il freno a mano, salvaguardando le tasche degli autori dalle mani avide delle industrie.
Voi sapete che la SACT, unica tra le associazioni degli autori, si è sempre posta il problema del diritto degli utenti del web ed è quindi con spirito veramente libero che vi invitiamo a firmare IMMEDIATAMENTE (la commissione si riunisce domani) e serenamente la petizione. Cogliamo anche l`occasione per segnalarvi una preoccupazione sollevata da Bernie Corbett (Writers` Guild of Great Britain) e che condividiamo: non dovrebbero essere gli autori a gestire i loro interessi al posto delle società di collecting? Sì, dovrebbero. Nel prossimo futuro. Ce ne stiamo occupando.


Il testo  della petizione tradotto in italiano dalla SIAE

Sul diritto d'autore è stato detto di tutto. E' stato accusato, in questi ultimi anni, di impedire la circolazione delle opere, di creare ostacoli all'accesso dei consumatori alle opere stesse, di favorire i più ricchi e, cosa peggiore di tutte, di essere il nemico della libertà d'espressione. Quando è troppo è troppo!
Il 5 dicembre, su proposta di José Manuel Barroso, Presidente della Commissione europea, il collegio dei Commissari si riunirà per esaminare le iniziative che la Commissione potrebbe prendere nel campo del diritto d'autore. Se si pensa all'interconnessione e alla promiscuità esistente tra fortissimi interessi privati contrari al diritto d'autore e certi servizi e direzioni della Commissione, c'è da temere il peggio. Poiché, è impossibile sbagliarsi, certi messaggi che fanno del diritto d'autore il nemico dell'accesso alla cultura non sono certo l'emanazione di qualche personalità marginale all'interno dell'Europa.
Attorno a questa lotta contro il diritto d'autore, contro il diritto degli autori di vivere della loro arte e di ricavarne un giusto compenso, si è organizzata una vera e propria coalizione: le lobby delle grandi imprese della rete, spesso americane, che vorrebbero sottrarsi sia ai loro obblighi fiscali verso gli Stati che nei confronti della creazione e della diversità culturale; certe lobby dei consumatori che considerano un orizzonte insuperabile la soddisfazione immediata e illimitata dei loro mandanti, quali che siano le conseguenze negative e nefaste per l'industria culturale, per i posti di lavoro nella cultura e per il finanziamento della creazione a venire; certi uffici amministrativi europei e persino alcuni Commissari che rinchiudono il diritto d'autore e la diversità culturale in vecchie frontiere che li separano irrimediabilmente dal mondo digitale.
Certamente il diritto d'autore è antico di diversi secoli, ma è anche incredibilmente moderno, duttile, flessibile. Il diritto d'autore moderno è l'opera di un genio, Beaumarchais, che ha segnato il suo tempo con tutte le sue lotte per la libertà. Cento anni dopo, è evidente che gli sviluppi tecnologici si sono prodotti ad un ritmo sempre più rapido senza tuttavia far sì che il diritto d'autore si sia fossilizzato e senza che questi vietino di salvaguardare un principio essenziale: mantenere il diritto degli autori a beneficiare di un giusto compenso per lo sfruttamento delle loro opere, facilitando al contempo l'accesso del pubblico alle opere culturali.
Come si può pensare che la volontà di un autore sia quella di impedire che la sua opera, il suo film, il suo libro, la sua musica non siano più visti, segnalati, commentati dal pubblico? Come si può pensare che la facilità offerta dal digitale non avrebbe minacciato questo diritto dell'uomo (art. 27 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo), quello degli autori a percepire un compenso quando la loro opera viene utilizzata?
Ci sono principi fondamentali che nessun tablet, smartphone, o nuovo servizio debbono poter rimettere in discussione. Il rispetto del diritto d'autore è uno di questi.
Tuttavia ogni giorno, in Europa, in questa Europa nella quale il diritto d’autore affonda le proprie radici, la sua influenza è contestata, il suo ambito attaccato, la sua gestione collettiva criticata. Ogni giorno vengono proposte nuove eccezioni, che sono in realtà delle autentiche espropriazioni; ogni giorno i meccanismi che permettono di finanziare la creazione sono messi in discussione in nome del libero mercato; ogni giorno il compenso per copia privata è denigrato. In poche parole, l'insieme delle fonti di guadagno destinate ai creatori è minacciato e sotto attacco.
A beneficio di chi? Certamente non dei creatori, la cui situazione generale diventa ogni giorno più precaria in moltissimi paesi! E certamente non a vantaggio dei consumatori il cui accesso alle opere non è per niente facilitato dalla messa in discussione dei diritti d'autore e per i quali il costo di acquisto dei prodotti digitali non diminuisce affatto con il calo dei compensi degli autori!
Signore e Signori Commissari, vi riunirete il 5 dicembre sotto lo sguardo vigile dei creativi europei, una comunità che tanto contribuisce a costruire la futura identità europea. Per loro il diritto d'autore è ancora la migliore garanzia di un giusto compenso e la migliore speranza di poter continuare a creare.
"L’Europa ama il Cinema", "L’Europa ama la cultura"? Sono begli slogan, ma devono essere messi in pratica e, soprattutto, ne deve essere coniato uno nuovo: "L'Europa ama il diritto d'autore"!

giovedì 25 ottobre 2012

I CANDIDATI - BARBARA PETRONIO



BARBARA PETRONIO


Io non sono una new entry per la Sact. Ho già fatto parte di due direttivi, ho visto e toccato con mano le difficoltà che si incontrano quando si cerca di cambiare le cose, di agire in qualche modo per superare lo stallo in cui ci troviamo da troppo tempo. 

Anni fa ci venne in mente l’idea di far parlare gli scrittori stranieri, di sentire le loro esperienze e di confrontarci con loro. Così nacque il “Created by” , una serie di incontri con sceneggiatori europei che ci entusiasmarono con i loro racconti sul nostro lavoro, su quale è il ruolo dello scrittore e su come questo vada conquistato e difeso. La stagione dell’orgoglio, la chiamerei a posteriori, dove abbiamo capito che a pochi passi da noi qualcuno era fiero di fare lo sceneggiatore e riusciva a farlo assumendosi ogni responsabilità del proprio ruolo. 

Il convegno finale del “Created by”, almeno a me, ha aperto gli occhi invece sulla realtà italiana e su quanto siamo distanti dal poter avere anche noi quella fierezza della professione che ho sentito nelle parole di Paul Abbott, Ashley Pharoah e di quanti sono intervenuti negli anni ai nostri incontri.

Ho passato diverso tempo a riflettere sull’esito di quella iniziativa che avevo molto caldeggiato e su quello che aveva prodotto… ho visto una grande partecipazione e allo stesso tempo un grande scetticismo, come se ognuno di noi sceneggiatori italiani in fin dei conti non si sentisse pronto per assumersi quella responsabilità, per fare quel salto. Mi sono domandata il perché e mi sono data molte risposte. Tutte mi riconducono a una questione di fondo: la professionalità. Come si conquista? Come si difende? Come si fa a farcela riconoscere dai nostri interlocutori?

Negli anni scorsi, la Sact ha provato a percorrere la strada del contratto nazionale di categoria, pensando che questo potesse essere la via più semplice per definire i principi minimi della nostra professione. Abbiamo ricevuto all’inizio un entusiasmante interesse da parte dei produttori e poi un lento declino e una serie di rimandi che la dicono lunga anche sul ruolo dei produttori in Italia. Essenzialmente pedine a cui piace stare in un gioco statico, sempre uguale a se stesso, dove ognuno racimola il suo pezzetto di torta senza porsi mai una prospettiva per il futuro, senza pensare a una loro funzione attiva nel mercato.

Il percorso del contratto nazionale e del Turning point ha reso chiara, almeno per me, la strada da seguire. Dobbiamo necessariamente cercare la coesione. Fare un passo noi per primi per tutelare i nostri diritti. Essere disposti a sacrificare qualcosa, a dire dei no quando necessario. E dirli con fermezza.

Per fare questo serve la Guild. L’associazione di un gruppo di persone che fanno lo stesso mestiere e che decidono di condividere dei principi e di essere disposti a sacrifici pur di difenderli. Questo è l’unico modo pratico che io vedo per tutelare la nostra professionalità. Si ama qualcosa quando si è disposti a esporsi in prima persona pur di difenderla. E noi, secondo me, dobbiamo prima di tutto imparare ad amare il nostro mestiere. Per questo, l’obiettivo della costituzione di una Guild mi sembra ormai un passaggio obbligato e inevitabile per il futuro della nostra categoria. Ho deciso di candidarmi ad essere membro del direttivo con questo scopo e spero che la mia visione delle cose sia condivisa da più persone possibile.

Barbara Petronio

I CANDIDATI - HERBERT SIMONE PARAGNANI



HERBERT SIMONE PARAGNANI


Il direttivo uscente ha fatto un lavoro egregio ed è già ora di continuare sulla strada già tracciata. Sugli obiettivi comuni e condivisi anche dagli altri colleghi non mi soffermerò troppo: la costituzione della Guild, la definizione di un codice deontologico sono e devono essere le nostre priorità. Credo che più in generale dobbiamo intraprendere iniziative concrete per restituire forza e dignità alla figura dell'autore, sia all'interno della nostra categoria che nel comparto audiovisivo in generale.

Dobbiamo, a mio avviso, fare opera di lobbying sfruttando il momento congiunturale sia sociale che politico proponendoci come interlocutori organizzati a tutti i livelli.
Non solo in un quadro nazionale ma anche per quando riguarda le varie regioni, visto che - come sappiamo - i soldi per per i finanziamenti statali sono sempre meno mentre aumentano le strutture locali che erogano fondi.
Sono convinto che sia necessario proporci come un piccolo ma agguerrito manipolo che possa coinvolgere altre realtà a noi vicine (vedi i 100Autori) senza per questo restarne condizionati da eventuali dubbi o divergenze.

Dobbiamo diventare un efficace gruppo di pressione per togliere questa sorta di silenziosa damnatio memoriae intorno alla figura dell'autore, sapendo che solo arrivando a condizionare e indirizzare la gestione dei soldi dell'audiovisivo potremo avere il rispetto che meritiamo. Non credo che non vi siano talenti come Damon Lindelof o Shonda Rhimes tra di noi capaci di prendere davvero in mano uno show ma per dimostrarlo davvero dobbiamo cominciare un percorso che possa portare un giorno uno di noi, magari quelli con più esperienza, ad entrare nelle “stanze dei bottoni”, come, ad esempio, sedere in un futuro consiglio di amministrazione di una Rai rinnovata. Non è un Libro dei Sogni, dobbiamo solo smettere di fiancheggiare, magari inconsapevolmente, l'idea di essere figli di un dio minore.

Per esempio alla SIAE, dove siamo considerati i parenti poveri del comparto musicale che mai ci lascerà lo spazio che meritiamo. La nuova direttiva europea in materia di liberalizzazioni nella gestione dei diritti ci indica la strada da percorrere: la SIAE ha già perso la sua posizione di monopolio e sta anche a noi – soprattutto a noi – costruire un'alternativa.
Dobbiamo creare una nostra struttura, lontana dagli sprechi di gestione della SIAE (i cui costi sono i più alti d'Europa) a cui affidare la raccolta dei proventi delle repliche dei nostri lavori e non solo.

Un'altra questione che mi sta a cuore è quella del coinvolgimento delle nuove leve.
I nuovi autori ci sono e lavorano, forse più di noi, in questo momento, ma non sanno neanche di essere autori, spesso.
Creano e spesso realizzano, loro sì già nati showrunner, show anche molto seguiti e li mettono in rete creando community molto agguerrite.
Conosco personalmente quelli di Freaks! e i The Pills (seguiteli, meritano), ma neanche sanno che esiste una SACT che potrebbe aiutarli a proteggere e non svendere il loro lavoro, che forse sarà una strada anche per noi “vecchi” per ritrovare indipendenza e qualità.
Non si tratta di fare proselitismo, ma proprio di dare informazioni su chi siamo noi e chi sono loro (sembra davvero una battuta ma non c'è consapevolezza dell'ovvio, spesso) e incrociare le nostre strade e contaminare le esperienze.

Altro tipo di problema è quello della partecipazione alle riunioni e alla vita dell'associazione. Al contrario di molti colleghi non sono stupito né preoccupato dello scarso numero di associati presenti alle ultime riunioni (io stesso spesso ho disertato fisicamente), ma penso che si dovrebbe andare verso una piattaforma web sempre aperta con questionari on line sulle questioni più spinose o più urgenti. Attraverso una web cam sarebbe anche semplice far partecipare alle riunioni tradizionali anche chi è impossibilitato a venire, magari tenendo una chat aperta per intervenire e interagire.
Insomma, vediamoci meno, ma vediamoci meglio! E se riusciremo a portare a casa dei successi, ci vedremo per festeggiare e sono certo che saremo tantissimi.

Herbert Simone Paragnani

I CANDIDATI - MARCELLO OLIVIERI



MARCELLO OLIVIERI


Ho deciso di ricandidarmi per una questione di continuità, per proseguire il lavoro iniziato con il direttivo uscente, un lavoro che può e deve portarci al raggiungimento di un grande traguardo per la categoria: la creazione di una Guild in grado di unire gli sceneggiatori italiani, di restituirci dignità professionale e contrattuale.
Un traguardo, quello della Guild, che, anche nel suo nascere da una riflessione profonda sulla necessità dell’autodeterminazione, rappresenta una grande possibilità di uscire dalla condizione di soggetti passivi a cui siamo stati relegati da produttori e networks.

La Guild andrebbe infatti a porsi nell’attuale panorama industriale non come un soggetto meramente rappresentativo ma come qualcosa di ben più incisivo. Il fatto che essa voglia entrare come legittima parte nelle definizioni contrattuali che ci riguardano, andrebbe a stravolgere e rivoluzionare lo scenario attuale. Uno scenario, è bene ricordarlo, che non è stato mai così umiliante e privo di prospettive per la nostra categoria.
La Guild non rappresenta solo una reazione, una possibilità di riscatto, ma soprattutto un orizzonte. E tutti noi sappiamo quanto per poter fare al meglio il lavoro dello scrittore di cinema e televisione siano necessari orizzonti, personali e collettivi.

L’esperienza maturata dai membri del precedente direttivo e l’energia di coloro che andranno a formare il nuovo non basteranno a raggiungere quest’obiettivo tanto ambizioso quanto fondamentale. Per riuscirci, sarà indispensabile l’apporto della cosiddetta base che, anche per coerenza rispetto alla necessità di emanciparci dal ruolo a cui l’industria ci ha relegato, deve cessare di essere un soggetto passivo per intervenire maggiormente nella vita associativa in generale e nel progetto della Guild nello specifico.
In quest’ottica, vorrei impegnarmi per pensare e organizzare una Sact in cui il direttivo fosse supportato da gruppi di lavoro agenti su specifiche problematiche, focalizzati su un singolo aspetto della nostra attività (per esempio, un gruppo che si occupi del rapporto con coloro che si affacciano ora alla nostra professione, che devono essere una risorsa per Sact e Guild piuttosto che un comodo spauracchio da tirare in ballo per giustificare paure o ritrosie nell’intraprendere battaglie invece non rinunciabili).

Non mi interessa un direttivo separato dalla sua base. Non mi interessa rappresentare una base che delega ad un direttivo le questioni chiave della propria sopravvivenza professionale.

Partecipazione e condivisione (di informazioni, di esperienze, di competenze, di entusiasmo, di competenze) devono essere o tornare ad essere parole chiave.
Senza di esse, e senza la definizione di un Codice Deontologico in cui davvero identificarci (la cui creazione deve essere un Must del prossimo direttivo), come sarebbe possibile affrontare la dura battaglia che ci aspetterà quando finalmente creeremo una Guild che, con ogni probabilità, verrà profondamente osteggiata da produttori e networks?

Citando uno dei tanti personaggi di quelle serie americane che vorremmo tutti creare o poter provare a creare, “Si vive insieme, si muore da soli”.

Marcello Olivieri   

I CANDIDATI - CARLO MAZZOTTA



CARLO MAZZOTTA


LA GUILD è IL CLIMAX. 
Sono sempre stato convinto che il compito principale di un'associazione di sceneggiatori fosse individuare un sistema di regole condivise, che impegnassero noi e le nostre controparti. Magari ispirato alla Writer's Guild statunitense. Poco importa se East o West…
Noi non siamo americani.
Le nostre leggi sono diverse. Il nostro mercato è diverso (se c'è mai stato…). I nostri interlocutori sono diversi.

E noi sceneggiatori? Forse siamo diversi anche noi, ma non per questo dobbiamo rinunciare ai nostri diritti.
Il nostro potere contrattuale è progressivamente andato a scemare invece di crescere, in un decennio dove si sono investiti centinaia di milioni di euro l'anno per produrre film e fiction. Prima che arrivasse la crisi ad azzerare, o quasi, tutto.
Punto e daccapo?
No. Oggi non siamo al punto di partenza. Anzi.

La Sact ha intrapreso da tempo la via dell'autodeterminazione, ha individuato un modello d'azione chiaro e condivisibile come l'ideazione del Turning Point, o l'elaborazione dei 10 punti. Sta lavorando alla creazione di una Guild che sottoscriverà i nostri contratti, diventando un interlocutore che non sarà più possibile ignorare.
Individuare il modello legale più efficace per renderla operativa è al primo punto dell'agenda di chi raccoglierà il lavoro svolto dal direttivo uscente. Bisogna farlo in tempi brevi, prima che la macchina produttiva riparta insieme alle vecchie consuetudini. Allargare le adesioni all'idea della Guild anche al di fuori delle associazioni di categoria. Prepararsi all'eventualità di poter gestire in proprio gli introiti attualmente riscossi per nostro conto dalla Siae.

La Sact deve continuare a proporsi come traino di un cambiamento che collochi finalmente lo sceneggiatore nel posto che gli spetta nel sistema produttivo. Per farlo credibilmente deve riuscire a compiere il suo processo di trasformazione in un organo di monitoraggio e garanzia.
Deve ampliare i propri strumenti, con nuove iniziative che integrino i suoi attuali compiti istituzionali. Iniziative a costo zero. Fattibili. Oggi.

Come la creazione di un database sempre aggiornato con tutte le notizie relative ai progetti in sviluppo e scrittura. Noi sceneggiatori siamo gli unici tra produttori, network e agenti a non avere una rete per condividere le informazioni che riguardano il nostro lavoro. Informazioni sui compensi, sulla composizione degli organigramma, sulle anomalie e gli abusi. Siamo ancora alla spigolatura. In alcuni casi al pettegolezzo. E intanto gli altri decidono per noi. Senza mai rimetterci la faccia.
Se possono farci di tutto è anche perché non usiamo queste informazioni. Non le condividiamo. Una Guild deve poter monitorare tutto questo. Garantire fattivamente i suoi associati e, perchè no, anche i propri interlocutori. 

Ecco il perché di un codice deontologico.
I nostri comportamenti sono importanti. Regolamentare le obbligazioni verso colleghi e controparti sarebbe un potente segnale d'assunzione di responsabilità. Insieme a tutte le altre iniziative in corso, contribuirebbe a mettere definitivamente alle strette chi, fino ad oggi, non ci ha mai voluto considerare un interlocutore col quale confrontarsi.
Con la Guild insomma ci giochiamo l'ultima carta, per arrivare finalmente ad un cambiamento. Dobbiamo giocarcela fino in fondo. Dopo i turning point si dovrà pure arrivare ad un climax.

Carlo Mazzotta




I CANDIDATI - VINICIO CANTON



VINICIO CANTON



Mi candido per continuare il lavoro del precedente direttivo sulla Guild, che per me resta la priorità della nostra categoria. Un obiettivo che va perseguito con tutte le forze e ottenuto in tempi brevi, approfittando di questo momento difficile che ha messo ognuno di noi di fronte alla debolezza degli autori nei confronti di qualsiasi controparte: produttori, editori, agenti e persino SIAE che almeno stando al nome dovrebbe difendere i nostri interessi.


Però la Guild a me non basta.
La debolezza degli sceneggiatori, che sembra essere una condizione fisiologica, quasi genetica, è determinata dalla scarsa condivisione dei problemi e dall'assoluta mancanza di uno scambio di informazioni costante e dettagliato. Se verrò eletto, ho intenzione di provare a cambiare radicalmente le relazioni tra gli associati e l'associazione, intesa come patrimonio comune culturale, se mi passate la parola.

E' necessario svecchiare i sistemi di comunicazione, coinvolgendo in questo modo con maggior assiduità ogni singolo associato nell'attività del direttivo. Consigli, suggerimenti, lamentele devono poter essere condivisi in tempo reale. Ogni incontro e riunione – interno e non – deve essere pubblico, condiviso. E visibile in qualunque momento.

Sono convinto che un uso più massiccio e proficuo delle rete migliorerà la qualità dell'associazione e del suo rapporto con gli associati, aumentando la “produttività” (scusate la parolaccia) e mostrando all'esterno una forza che abbiamo e che ancora non siamo riusciti del tutto a dimostrare.

Sempre sfruttando le potenzialità di Internet (ma non solo) ho intenzione di promuovere varie iniziative che permettano a tutti noi di riappropriarci delle nostre idee, che dovrebbero essere il motivo per cui abbiamo iniziato a fare questo lavoro.


Un mercato dell'audiovisivo inesistente ci ha condizionato profondamente negli ultimi anni, finendo per convincerci che o si accettano queste condizioni o si viene espulsi dal favoloso mondo dello showbiz.  Ci siamo rintanati in questa palude, abbiamo finito per difendere lo status quo, dimenticandoci – un po' come tutto il Paese – che oltre i nostri confini c'è un mondo.  E che oggi ci sono i mezzi tecnici per proporre le proprie idee e la propria creatività in modo più libero e più sincero. Pitch e piloti possono essere veicolati attraverso la rete, finanziati con il crowdfunding, proposti a tutto il mondo. Non è facile, ma sono convinto sia una strada da battere, per dimostrare prima di tutto a noi stessi che l'accusa di tarpare la nostra creatività che muoviamo a produttori e reti non è la comoda scusa di una categoria incapace di produrre idee innovative. E' una sfida rischiosa, che ci costringerà a metterci in gioco in prima persona, a prenderci delle responsabilità. In una parola, a crescere. 
Mi piacerebbe raccoglierla.

Vinicio Canton

I CANDIDATI - GIANCARLO BALMAS


GIANCARLO BALMAS


Sono convinto che il nuovo direttivo della SACT sia chiamato a fare sostanzialmente due cose.

La prima: proseguire il paziente lavoro iniziato dai direttivi precedenti e giungere alla creazione di uno strumento comune e più forte, (una guild) che riunisca le varie associazioni di categoria e che sia in grado di restituire valore e significato al mestiere dello sceneggiatore. Di smarcarlo dal ruolo di mero esecutore in cui è gradualmente precipitato.
Tenendo presente che un'associazione come la nostra non può accettare di misurare il lavoro soltanto in termini economici. Che il rispetto di un'etica del lavoro non rappresenta solamente una scelta virtuosa, ma ha un valore strategico che solitamente siamo portati a trascurare.

La seconda, diciamo quella un po' sperimentale.
Fare un passo ulteriore, anomalo e se volete provocatorio: impegnarsi nella produzione di un'opera (film o pilota di serie).
Scegliere l'opera in questione attraverso un concorso al quale potranno partecipare soltanto gli iscritti della SACT e che la SACT si impegna a finanziare attraverso una raccolta fondi (crowd funding) e con l'aiuto di piccole realtà produttive che già si sono mostrate disponibili.

Qualcuno di fronte a questa proposta ha giustamente obiettato: ma dove si è visto mai che un sindacato si fa produttore?
La risposta più semplice che mi sovviene è che il panorama generale della nostra professione - e non solo della nostra - sta mutando profondamente e che le "regole" che l'hanno caratterizzata da qui a pochi anni saranno stravolte. Quindi rimanere legati a modelli passati che ci rassicurano ma che hanno mostrato ormai chiaramente una stanchezza e in molti casi una scarsità di risultati forse non è la soluzione ideale.

Ma in realtà esistono molti motivi, estremamente concreti, per intraprendere questa sfida.

Il primo e più banale è quello di indurre nuovi sceneggiatori ad iscriversi al nostro sindacato e penso ai più giovani, a quelli che con tutta evidenza facciamo più fatica a coinvolgere. E che da una possibilità del genere sarebbero indubbiamente allettati.

In generale, porterebbe una maggiore partecipazione da parte tutti gli iscritti. Da tutte le attività di associazione e di volontariato che mi è capitato di svolgere nella mia vita ho imparato una cosa fondamentale: se vuoi unire il gruppo, se vuoi che funzioni, devi riunirlo attorno ad un progetto concreto, devi fargli fare qualcosa insieme.

Inoltre c'è da considerare l'aspetto simbolico della questione. Produrre, ovvero occupare momentaneamente il ruolo delle nostre controparti (produttori e network) è un vero e proprio atto politico.
Tanto più se ciò che realizzeremo avrà, come è probabile, una qualità più alta dei prodotti medi del mercato italiano.
Possiamo dimostrare loro che ormai è possibile svincolarsi dalle vecchie e consolidate dinamiche produttive, che è possibile lavorare con più libertà e meglio.

Riuscire a produrre un'opera di qualità insieme, grazie alla SACT, renderebbe la SACT stessa più forte ed autorevole. Sarebbe un formidabile biglietto da visita, una dimostrazione della capacità di autodeterminazione di cui siamo da tempo alla ricerca.

Non riesco a spiegare con maggiore lucidità questo percorso parallelo - e sperimentale - ma l'impressione che non sia slegato da quello della creazione di una Guild è profonda.

Se ancora non vi basta consideratela così: un intento di questo tipo ci farà se non altro scrollare di dosso il deleterio senso di immobilità che respiriamo quotidianamente e al quale ci siamo un po' rassegnati.

Giancarlo Balmas


I CANDIDATI - MICHELE ALBERICO



MICHELE ALBERICO


La mia in effetti è una dichiarazione di una "prosecuzione di intenti".

Credo che il lavoro impostato dal direttivo uscente vada portato
avanti con lo stesso rigore e la stessa determinazione e so che sarà
un lavoro lungo e niente affatto semplice. 

E credo che per affrontarlo, questo lavoro, pur nella diversità di composizione, sia necessaria una certa continuità col passato  in modo tale da non disperdere l'esperienza accumulata e favorire una più concreta prosecuzione di ciò che è stato già seminato. 
Questo è il primo motivo per cui mi candido. 

Allo stesso tempo credo che sia il momento di premere l'acceleratore sull'unità della categoria, una cosa che abbiamo ottenuto a sprazzi ed in modo troppo episodico ma che, in vista degli obiettivi che ci siamo posti (costituzione di una guild, autodeterminazione sui 10 punti) risulta una materia addirittura inderogabile. Finchè ci mancherà il senso di appartenere a una categoria che condivide diritti e doveri e che, malgrado le differenze di vedute, sia in grado di esprimere una posizione compatta e, se serve, combattiva, potremmo fare ben poco. Questo è il secondo motivo per cui mi candido. 

That's all folks.

Michele Alberico

martedì 26 giugno 2012

TURNING POINT: l'OTTAVO, il NONO e il DECIMO PRINCIPIO


La crisi finanziaria e la faccia tosta di produttori e network, che hanno il coraggio di scaricare su di noi il loro rischio d’impresa, hanno DISSESTATO LE CONDIZIONI DI LAVORO della nostra categoria.
RIPORTIAMOLE IN ASSE!
In vista dell’assemblea del 26 giugno la SACT rende noti i 10 principi che dovranno essere tradotti in clausole e a cui si dovranno allineare tutti i contratti di soggetto e sceneggiatura.

Dopo il PRIMO, il SECONDO e il TERZO, il QUARTO e il QUINTO, il SESTO e il SETTIMO PRINCIPIO che riguardavano soprattutto i diritti, completiamo l'elenco con gli altri punti che riguardano la prestazione d’opera.



L' OTTAVO, il NONO e il DECIMO PRINCIPIO riguardano l'esistenza di un NESSO DI RECIPROCITA' tra consegne di elaborati e rate di pagamento. Ecco di che si tratta;

8. Lo sceneggiatore inizia il proprio impegno solo a seguito di una rata firma che rappresenti almeno il 15% dell’importo totale e dovrà ottenere – prima della consegna dell’ultima revisione della sceneggiatura – il 70% dell’importo totale nel caso di una sola revisione pattuita e l’80% dell’importo totale nel caso di due revisioni pattuite.

9. Le date di consegna degli elaborati e le date delle relative rate di pagamento verranno fissate in modo che a ciascuna consegna segua una rata di pagamento e che nessuna consegna possa avvenire prima che sia stata saldata la rata relativa alla consegna precedente.
Le date entro le quali la produzione può richiedere delle modifiche devono necessariamente rispettare i tempi di questo sinallagma (o nesso di reciprocità).
Se, a seguito della consegna di una prima stesura, la produzione non richiede modifiche nei tempi stabiliti, lo scrittore maturerà il diritto al pagamento della rata concordata per la successiva revisione.

10. In caso di ritardo nei pagamenti, lo scrittore, dandone comunicazione a mezzo raccomandata a/r o PEC, è tenuto a consegnare l’elaborato in questione, puntualmente redatto, non alla produzione, ma a una figura terza esplicitata nel contratto (associazione di categoria garante) che sia testimone della puntualità della consegna e trattenga l’elaborato fino a che il pagamento scaduto venga saldato.

CHE COSA VUOL DIRE?
Il lavoro dello sceneggiatore e le rate di pagamento devono andare di pari passo, alternandosi l'uno all'altro, come vagoni di un treno.

Devono susseguirsi prima di tutto come valori. Alla partenza, lo sceneggiatore si trova di fronte un grande impegno di documentazione e di ideazione: la rata firma deve essere consistente.  Nell'ultima revisione, lo scrittore ormai ha sopportato la fatica più grossa (la sceneggiatura in prima o seconda versione) e padroneggia il prodotto: storia, personaggi, ambientazioni. Le modifiche sono meno complesse, è giusto che la quota del compenso sia in proporzione.

Consegne e rate di pagamento devono sussuguirsi per reciproco dovere di correttezza e trasparenza. Se il network ritarda, se il produttore non ha liquidità, lo sceneggiatore non consegna. Il treno si ferma. E' il codice civile a stabilirlo. Il rischio d'impresa non può ricadere sul partner più debole e cioè sulle spalle dello scrittore.
Del resto, è sempre lo scrittore (dal pitch in poi) ad avanzare con il suo, prima che gli altri mettano il loro. Non gli si può chiedere di andare avanti da solo, senza nessuna garanzia: il caso di Agrodolce dimostra che non si esita ad abbandonarlo.