Ottimo riscontro su diversi fronti.
Primo: la partecipazione.
L'incontro ha registrato una forte presenza da parte dei colleghi scrittori di tutte le generazioni, dagli esordienti ai più navigati.
Ma la cosa che ci ha fatto ancora più piacere è stata registrare la forte partecipazione della struttura di story editing di Mediaset, che ha dimostrato sensibilità ed interesse all'argomento.
C'era pure qualche story editor della RAI, anche se in misura decisamente minore.
Secondo: l'incontro
Ashley Pharoah ha risposto in modo esauriente alle domande che gli sono state poste sia dal moderatore Marco Spagnoli, sia dagli sceneggiatori che erano tra il pubblico. Ha raccontato il percorso che l'ha portato a ricoprire il ruolo di writer/producer delle sue serie e ha soddisfatto le curiosità dei presenti descrivendo il rapporto tra network, produttore e sceneggiatore nell'esperienza televisiva inglese e alimentando la certezza che la presenza di uno sceneggiatore nelle diverse fasi produttive è non solo utile ma, ormai e sempre più, necessaria.
I dettagli dell'incontro verranno pubblicati prossimamente sul sito della SACT insieme ad un piccolo montaggio video dell'evento. Ma il senso del ruolo di responsabilità dello scrittore e la necessità di un suo "peso" creativo nell'intero progetto, sta tutto nella frase che da il titolo al post, una frase illuminante detta da Pharoah durante l'incontro: "Non è una questione di potere, è una questione di influenza..."
(una postilla importante)
Terzo: i grandi assenti, ovvero i produttori
Nello scrivere il post ci siamo completamente dimenticati di sottolineare una cosa. Se l'incontro ha visto una larga partecipazione di scrittori ed editor, non possiamo dire lo stesso circa la presenza dei produttori. La cosa fa riflettere, soprattutto per la mancanza di lungimiranza.
Prossimamente pubblicheremo un post dedicato al Fiction Day e alle dichiarazioni di Scheri che ha ufficializzato quello che si sapeva già da un po'. Mediaset taglierà il budget della fiction del 30%. La fiction non è più vista come un investimento strategico e questo in netta controtendenza rispetto al resto del globo.
Ma la cosa non ci sorprende, visto il modo in cui la fiction in Italia viene sviluppata e i risultati qualitativi (e di conseguenza numerici) che produce.
E i produttori, che soffriranno di riflesso le conseguenze dei tagli, invece di incoraggiare una "cura" ad un sistema viziato e ridare importanza alla fiction, preferiscono starsene a casa (o in ufficio) preparandosi solo a barcamenarsi.
Perché alla fine in Italia funziona così: la fiction si scrive e si produce "barcamenandosi".
Ma quando la torta da spartire diventerà troppo piccola, scenderanno amare e, ahinoi, tardive lacrime di pentimento...
17 commenti:
Ecco... basta spostare lo sguardo oltre il nostro ombelico per rendersi conto che le cose sono molto più semplici di come ce le danno a bere. l'industria (laddove esiste) mette al centro del sistema produttivo seriale l'autore. Non è una questione di potere o di denaro è una questione di convenienza per tutti. Salvaguardare l'identità di un prodotto significa garantirne i presupposti seriali. Solo una fiction seriale crea industria. Gli appuntamenti annuali con le serie di successo favoriscono gli investimenti dei pubblicitari perché creano fidelizzazione nel pubblico. Se i network non capiscono questa semplice regola di mercato la fiction in italia non sarà mai 'strategica' e vincente.
Un appunto alla sact: avrei preferito che Marco Spagnoli propagandasse meno il fiction fest e il suo libro per favorire la discussione tra gli autori in sala e Ashley P. E qui l'annoso problema... noi chiediamo l'influenza, troppe persone ci usano per avere potere! Un passo indietro per favore... oggi era il nostro momento.
Però, dài. Facciamo le pulci anche a Pharoah: non è una questione di potere - dice - è una questione di influenza. Nel senso che l'influenza è propria dell'autore, è la sua capacità di alimentare l'idea e mantenere il prodotto coerente all'idea stessa. Però... questa forza è potere, l'influenza è potere. Perché è proprio questo il punto. E per questo che l'influenza non viene tanto facilmente riconosciuta all'autore. Perché è potere. L'influenza di un autore genera senso, spettacolo, identità, direzione, comunicazione. Potere.
Quindi, a mio avviso, la distinzione è solo tra due poteri diversi, due competenze diverse: noi autori siamo come i piloti e sappiamo portare le macchine che abbiamo inventato, la produzione è come una casa automobilistica che costruisce il prototipo e ce lo mette in mano. Ognuno deve rischiare del suo per poter creare un equilibrio vincente. E serve intesa e serve coraggio. A me ha molto colpito quella settimana di full immersion di autori e produttori in forze pari (3 contro 3) chiusi nella stessa stanza, da cui sono nate le tracce dei primi 8 episodi di Life on Mars. E' questa condizione di parità, di scambio che spiega il senso della frase di Pahroah: influenza versus potere, cioè due poteri che si riconoscono tali e come tali collaborano.
Certo l'influenza è potere, ma quello che intendeva Pharoah è che nessuno vuole togliere potere ai network. Ma il network deve riconoscere l'influenza benefica che l'autore dell'idea ha sull'idea stessa e deve permettere che questa influenza venga esercitata, senza che si cada nell'anarchia ma con dei ruoli ben definiti.
Qui in Italia dobbiamo iniziare proprio da zero. Prima si deve aprire un mercato delle idee, poi una volta aperto si dovrà permettere che i germogli contenuti nelle idee fioriscano, senza soffocarli.
Tornando alla conduzione dell'incontro, non posso che essere d'accordo con l'anonimo 1 che lamentava una cattiva gestione. Troppe domande generiche, poche specifiche. La platea era di tecnici e devono essere fatte domande tecniche. Più spazio agli spettatori e meno all'ego del conduttore.
Vorrei stendere un velo pietoso, poi, sull'intervento di Andrea Purgatori che ci ha edotti su come ha "migliorato" Life on Mars nella sua versione italiana. Beh, ho ben presente il suo curriculum e penso che imparerebbe di più se ricalcasse pedissequamente pure le virgole di Pharoah e degli altri sceneggiatori britannici.
Faccio notare che finito lo show dedicato al proprio ego, Mr. Purgatori ha preso e se n'è andato. Un vero signore, che in questo modo ha dimostrato tutto il suo interesse alla causa.
Poteri a confronto mi sta benissimo... ognuno con il suo ruolo e le sue competenze ben definite. senza invasioni di campo che creano pastette in cui poi ad emergere non sono più le idee ma gli ego. Un esempio su tutti: vi siete resi conto che Andrea Purgatori è venuto solo a promuovere se stesso? Anziché essere lì per raccogliere l'esperienza professionale di Pharoah si è messo in cattedra a spiegare come lui ha migliorato life on mars. Incredibile!!! Tra l'altro ha raccontato come su un cambiamento venduto come 'necessario' che invece era già stata apportato nella versione americana e cioè quella di anticipare in prima puntata l'entrata della madre del protagonista. Vergogna! Arrivare, fare un intervento auto celebrativo e poi andarsene. Se questi sono gli autori 'big' ne dovete fare di strada per arrivare alla modestia pragmatica e fattiva di un Ashley P. Un editor.
Incredibile, mi trovo d'accordo con un editor...
Che questo incontro abbia veramente sortito effetti benefici?
Dai editor, sediamoci ad un tavolo e discutiamo una bella idea. Ognuno con il proprio ruolo definito. Ce la possiamo fare.
leggo solo ora l'intervento di anonimo precedente al mio. rido. vedete che quando vogliamo l'intesa la troviamo?
ODDIO... ma è preoccupante! lavoriamo subito insieme. un indizio?
Più che un indizio, direi... un inizio : )
@editor e anonimo 3. E ci risiamo, però. Abbiamo appena cominciato e con chi ce la prendiamo? Con uno sceneggiatore. Che ha mancato di modestia pragmatica e fattiva. Tzè, tzè... Ehi, editor, vogliamo invece ragionare sul fatto che una serie esistenzialista in Italia diventa una serie sulla ricerca della MAMMA? Dobbiamo sempre farci riconoscere?
@ anonimo 4: guarda che è Purgatori che ha ammesso di aver sentito la necessità di dover trasformare Life on mars in una ricerca della mamma.
Siamo talmente succubi dei dictat dei network che i più leccaculo (ed incapaci) di noi addirittura ormai pensano come gli editor di rete. Capito qual'è il vero problema?
E poi, il fatto che Purgatori sia uno sceneggiatore non lo rende immune da critiche. Soprattutto quando si espone in un incontro che riguarda il futuro dell'intera categoria. Futuro di cui a Purgatori frega poco o niente e comunque nei limiti del proprio interesse (economico) personale.
So long, anonimo 4...
@anonimo4. Non stavo parlando di contenuti... mamma prima o mamma dopo! chissenefrega. Ashley stesso ha raccontanto che quando ha pensato a cosa avrebbe fatto se fosse tornato indietro negli anni 70, si è risposto che avrebbe voluto incontrare la madre. Solo che nella sua serie questo avviene in puntata 4. Purgatori ha venduto come 'sua' la scelta di farla vedere in prima puntata, ma in realtà questa modifica era già stata apportata nel remake americano. Contestavo la pavonaggine autocelebrativa del parruccone. Insomma, quello che voglio dire è che appartengo a quella generazione cresciuta con le serie americane, sono giovane e mi piacerebbe che, al di là dei contenuti, le fiction italiane nascessero su idee originali e fossero sviluppate su impalcature seriali e industriali. Ho partecipato all'incontro per questo, e mi sarebbe piaciuto avere il tempo di intervenire e di fare domande tecniche a chi, era lì, proprio per raccontarci l'evoluzione televisiva nel sistema inglese. Mi sembrava un'ottima occasione e per questo ringrazio la sact, però, la prossima volta... lasciate Spagnoli a scrivere i libri e Purgatori a sceneggiare i film. Le serie televisive richiedono ben altre competenze e curiosità.
Il Signor Purgatori se nè andato dopo il suo intervento. Non mi stupisce. La sua arroganza e presunzione si vede dai copioni che scrive. Ho dato un'occhiata a "un caso di coscienza" no dico... l'avete visto?
Vi ringraziamo per gli interventi. Ci dispiace vedere che ci si concentri a criticare l'intervento di un collega. Per carità, siamo tutti criticabili, ma sarebbe più interessante sapere da voi come vorreste fossero condotti gli incontri. Ci servirà sicuramente di più, soprattutto in vista dell'incontro con Frédéric Krivine di marted'ì prossimo e con Paul Abbott, del 15 giugno.
Ciao a tutti, io all'incontro non c'ero, ma ne ho visti moltissimi altri, tutti con lo stesso difetto: conduttore prolisso, lento ed egocentrico, spesso anche ruffiano. Tempi pessimi, noia, domade del pubblico puerili. Non dico nulla di nuovo, di sicuro la pensiamo tutti così. Allora se ne tenga conto quando si organizza un incontro.
Una curiosità: come ha fatto Purgatori a "cambiare" una puntata? L'ha rimontata?
Giuseppe
Ciao Giuseppe,
purtroppo spesso si impara sbagliando, anche quando si cerca di prevedere ed organizzare in modo capillare Però rispetto alla lista dei "soliti difetti" che hai elencato ce n'è almeno uno che non si è verificato stavolta. Le domande del pubblico non sono state puerili, anzi erano tutte chiare ed utili.
Ecco, in questo modo non vogliamo appuntarci una stelletta in petto, ma ringraziare chi ha partecipato.
Anzi, al prossimo incontro di martedì, li incoraggiamo ad intervenire di nuovo e più numerosi. Ci sarà molto più spazio per le domande del pubblico e meno per le cose futili.
Grazie per l'intervento Giuseppe e, se sei uno sceneggiatore, cerca di venire. Basta prenotare un posto scrivendo a segreteria@sact.it
Magari, se si potesse evitare l'anonimato, meglio, no?
Caro Paolo,
abbiamo pensato a lungo se togliere la possibilità di commentare rimanendo anonimi e ci siamo risposti che sarebbe una scelta sbagliata. Questo blog morirebbe subito, fidati. Preferiamo ascoltare voci senza volto, ma che almeno si fanno sentire, piuttosto che ascoltare il silenzio.
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