
Vi abbiamo fatto aspettare più del dovuto e ci scusiamo per l'attesa ma finalmente postiamo un commento alla riunione tenutasi il
21 gennaio scorso alla SACT. Come qualcuno di voi ricorderà l'incontro verteva sulle
condizioni di lavoro disagiate, soprattutto degli sceneggiatori emergenti (ma non solo).
L'incontro era stato preceduto da questo
post che aveva scatenato una serie infinite di polemiche, accuse e insulti vari.
L'incontro è stato un ottimo momento di confronto, la sala era piena. Gli interventi sono stati disparati.
Qualcuno ha parlato di esperienze infinite da stagista, fatte a condizioni economiche ridicole e sotto il silente ricatto del mancato rinnovo dello stage.
C'è chi ha parlato di test di sceneggiatura aperti solo a gente selezionata (leggi "gli amici"). Chi ha parlato di test a cui non è stata data mai una risposta.
E poi qualcuno ha portato la propria esperienza di "negro", raccontando di avere un amico che "per fortuna" gli ha passato del lavoro. Lavoro non firmato, siamo chiari, e pagato miseramente.
Ecco, quest'ultimo intervento ci ha incuriositi. Perché tra i giovani sceneggiatori c'è un luogo comune, ovvero che il negriero sia uno sceneggiatore anziano (o quasi) arrivato, ingordo e quindi in surplus di lavoro. E c'è il sogno che la giovane età sia sinonimo di correttezza professionale.
Purtroppo non è così o almeno non sempre. Facciamo gli scrittori, quindi cerchiamo di avere un occhio critico e smaliziato sulla realtà.
Certi "mal costumi", purtroppo, si reiterano e si tramandano di generazione in generazione. Un po' come la violenza, che è un circolo vizioso in cui spesso la vittima diventa carnefice. Un circolo vizioso che è difficile spezzare a meno che non ci sia qualcuno che cerchi, quantomeno, di sensibilizzare e di trovare dei rimedi.
Noi siamo qui per questo, malgrado qualcuno scriva il contrario.
La SACT sta lavorando per raccogliere i frutti di questo incontro e per riportare la giusta dignità al mestiere di sceneggiatore, giovane o anziano che sia.
Speriamo che i fatti, parlino più delle nostre parole.
Aggiungiamo una postilla, una piccola provocazione. Abbiamo sentito rassegnazione nelle voci dei giovani presenti quella sera. Una rassegnazione che sa di resa ad un sistema che sappiamo tutti non essere nè giusto nè proficuo.
Ci si preoccupa più dei test di sceneggiatura che non di riportare la centralità delle idee e dello sceneggiatore nel mercato. Si guarda al piccolo e si trascura il quadro complessivo.
E allora a tutti loro chiediamo: come possiamo migliorare la nostra posizione di scrittori se le nuove generazioni hanno già perso la voglia di cambiare?