lunedì 2 marzo 2009

Con estremo ritardo

Vi abbiamo fatto aspettare più del dovuto e ci scusiamo per l'attesa ma finalmente postiamo un commento alla riunione tenutasi il 21 gennaio scorso alla SACT. Come qualcuno di voi ricorderà l'incontro verteva sulle condizioni di lavoro disagiate, soprattutto degli sceneggiatori emergenti (ma non solo).
L'incontro era stato preceduto da questo post che aveva scatenato una serie infinite di polemiche, accuse e insulti vari.
L'incontro è stato un ottimo momento di confronto, la sala era piena. Gli interventi sono stati disparati. 
Qualcuno ha parlato di esperienze infinite da stagista, fatte a condizioni economiche ridicole e sotto il silente ricatto del mancato rinnovo dello stage.
C'è chi ha parlato di test di sceneggiatura aperti solo a gente selezionata (leggi "gli amici"). Chi ha parlato di test a cui non è stata data mai una risposta.
E poi qualcuno ha portato la propria esperienza di "negro", raccontando di avere un amico che "per fortuna" gli ha passato del lavoro. Lavoro non firmato, siamo chiari, e pagato miseramente. 
Ecco, quest'ultimo intervento ci ha incuriositi. Perché tra i giovani sceneggiatori c'è un luogo comune, ovvero che il negriero sia uno sceneggiatore anziano (o quasi) arrivato, ingordo e quindi in surplus di lavoro. E c'è il sogno che la giovane età sia sinonimo di correttezza professionale.
Purtroppo non è così o almeno non sempre. Facciamo gli scrittori, quindi cerchiamo di avere un occhio critico e smaliziato sulla realtà.
Certi "mal costumi", purtroppo, si reiterano e si tramandano di generazione in generazione. Un po' come la violenza, che è un circolo vizioso in cui spesso la vittima diventa carnefice. Un circolo vizioso che è difficile spezzare a meno che non ci sia qualcuno che cerchi, quantomeno, di sensibilizzare e di trovare dei rimedi.
Noi siamo qui per questo, malgrado qualcuno scriva il contrario.
La SACT sta lavorando per raccogliere i frutti di questo incontro e per riportare la giusta dignità al mestiere di sceneggiatore, giovane o anziano che sia.
Speriamo che i fatti, parlino più delle nostre parole. 
Aggiungiamo una postilla, una piccola provocazione. Abbiamo sentito rassegnazione nelle voci dei giovani presenti quella sera. Una rassegnazione che sa di resa ad un sistema che sappiamo tutti non essere nè giusto nè proficuo. 
Ci si preoccupa più dei test di sceneggiatura che non di riportare la centralità delle idee e dello sceneggiatore nel mercato. Si guarda al piccolo e si trascura il quadro complessivo.
E allora a tutti loro chiediamo: come possiamo migliorare la nostra posizione di scrittori se le nuove generazioni hanno già perso la voglia di cambiare?

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Largo ai giovani!!! Come fanno a RAI 1, che stasera sta mandando in onda una fiction girata da un giovane regista classe 1927!!!! Roba da matti!

Anonimo ha detto...

Ah ho scordato di scrivere che il giovane regista ha esordito nel... 1949!!!

Anonimo ha detto...

Ecco, è proprio questo il discorso. Prendersela con la longevità di un autore è il segno di una giovinezza inutile. Sei inutilmente giovane, @ anonimo, se ti limiti a tirare i sassi a una testa canuta. Il problema è farli fuori? Capirai che novità... Tutti l'abbiamo sognato quando è stato il momento: mettere i vecchi che hanno potere su un bell'aereo e ciao. Poi? Ti invito a ragionare come se i vecchi fossero già spariti, l'aereo già caduto. Noi telespettatori italiani siamo tutti seduti in poltrona ad aspettare la tua fiction: quale? Che cosa ci faresti vedere di diverso? Forza. Come vorresti la tua televisione? E' questo che è mancato all'assemblea del 21, qualcosa che non fosse "ammazzateli tutti". Dimostrami che sarebbe un mondo migliore, dimostrami che - anche se i vecchi lo ignorano - tu già lo abiti, lo frequenti, lo costruisci, combatti perché esista. Dimostrami che non sei come quei giovani studenti che avevano scritto un soggetto senza capo né coda e alla mia domanda:"Perché avete scritto una cosa in cui non credete?" hanno risposto: "Vogliono cose idiote in televisione, no?". Amen.

Anonimo ha detto...

l'Italia funziona così. I giovani non hanno spazio in nessun settore meno che mai nell'audiovisivo. punto e basta.

Anonimo ha detto...

Giovanna stavolta non mi piace la reazione che hai. Quello che scrive l'Anonimo, invece, è sacrosanto.
Ma l'hai vista la regia di Puccini? Per sbrigarsi e non montare i carrelli, Capitani ci dava sotto di zoom che manco negli sceneggiati anni '60.
Ora non mi venite a dire che è un linguaggio adatto a quella storia. E' sciatteria di un vecchio stanco.

Con questo non sono contro il post della SACT. Non ero all'incontro del 21 e quindi non commento la provocazione. Ma ho il sospetto che, Capitani a parte, sotto sotto sia vera...

Anonimo ha detto...

Faccio una domanda a chi ha messo la chiusa al post: quando avete cominciato a lavorare voi, il mondo della sceneggiatura era così saturo di aspiranti sceneggiatori usciti da decine e decine di corsi più o meno validi, e così in balia dei ricatti di produttori televisivi che badano più al risparmio (non sempre: spesso) che alla qualità di ciò che si scrive?

Ve lo chiedo perché uno dei motivi di rassegnazione dei tanti giovani che cominciano, magari armati anche di migliori intenzioni rispetto a quelle descritte da Giovanna Koch, è proprio l'idea che passa negli ultimi anni: siamo diventati intercambiabili.
A parità di capacità, ma anche a disparità, sembra sempre che la scelta non cada su chi garantisce la qualità del lavoro e magari una personalità di un certo tipo, bensì su chi garantisce un lavoro senza infamia e senza lode ma la totale accondiscendenza verso tutto ciò che arriva da chi è a capo del reparto scrittura.
Per non parlare poi dei famigerati casi di stagisti cui viene promessa una possibilità di firmare una puntata in cambio di lavoro gratis in eterno...

Ecco, quando ti trovi in condizioni simili ti è difficile continuare a pensare che la capacità di fare la differenza conti qualche cosa. Anzi, vieni portato da fattori esterni, che si sommano alla frustrazione di anni passati a cercare di fare ciò che vorresti, a non crederci più. E finisci col trasformarti nei giovani studenti descritti da Giovanna Koch.

Considerate poi che una buoma parte di chi arriva a voler scrivere sceneggiature è attratta proprio dall'idea che i prodotti italiani sembrano (sembrano e basta!) scritti con i piedi, a causa di fattori che qualche volta non dipendono dallo sceneggiatore ma dalle continue revisioni, e avrete una generazione di aspiranti sceneggiatori che si accontenta di portare a casa la pagnotta facendo
un lavoro che presumono facile-facile.
Ora come ora, sinceramente, io vedo un unico modo per cambiare questa situazione, ed è cercare di prendere le produzioni per il lato economico, attraverso minimi sindacali. Cosa che la SACT sta già facendo.

Ma ci vorrebbe anche uno studio serio delle condizioni degli stagisti del settore, anziché la semplice liquidazione dell'argomento con un 'succede in qualunque ambito'.
Perché rifuitarsi di mettere dei paletti alle produzione, o di costringere i produttori televisivi a rimborsare gli stagisti per il lavoro che fanno è un modo come un altro per sminuirne il ruolo.
Li fa sentire intercambiabili.
E quando ci si sente intercambiabili viene a mancare la presunzine necessaria per mostare le palle nella difesa delle proprie idee. E' a questo punto che al giovane autore comincia a non fregare più nulla della centralità del suo ruolo, e che la sua mente si perde in domande molto più banali, come 'riuscirò mai a vivere del mio lavoro?', 'ci sarà una possibilità di mettermi alla prova, prima o poi?', 'come mai non riesco mai ad accedere ai test mentre gli altri sì?'.
E altre amenità che presumo siano venute fuori durante la riunione famigerata.
Per ristabilire l'importanza dell'autore, il fattore economico è fondamentale. E anche il fattore delle opportunità reali e remunerative. Ma non è importante perché l'autore deve campare di quello che fa.
E' importante perché le produzioni, a fronte di un compenso minimo più elevato e non tendente al ribasso come avviene spesso, siano costrette a scegliere lo sceneggiatore che a parità di compenso sia in grado di garantire il miglior lavoro possibile.

A quel punto un aspirante sceneggiatore si sentirà costretto a percepirsi come una parte irrinunciabile del processo creativo e dovrà per forza spremersi fino in fondo per poter tirare fuori il meglio cui può aspirare anziché il minimo indispensabile richiesto.
E da quel momento potrete cominciare a pretendere anche dai giovani la considerazione per i discorsi sulla centralità dell'autore.
Un gradino prima quello che avete davanti non sono autori: sono ragazzini che non sanno se grattarsi l'orologio o caricarsi il culo. E in queste condizioni, tutti i discorsi sulla dignità del proprio ruolo vanno a farsi benedire.

Ci terrei a precisare che faccio parte dei cosiddetti giovani, anche se ho superato il problema del 'come comicnio?' e sono nel mezzo del 'come continuo?'
Perché succede anche questo, quando si è giovani sceneggiatori. Una volta che hai cominciato pensi di avere un minimo di esperienza e che questa esperienza serva a qualcosa.
E la sensazione sgradevole è che anche aver lavorato e aver dimostrato a qualcuno di essere in grado di farlo non sia sufficiente.
Ma questa è un'altra storia.
Spero di essere stata chiara...

Giuliana

SACT ha detto...

Grazie per il tuo intervento, Giuliana.
Non possiamo che sottoscrivere le tue parole.
Stiamo lavorando proprio nella direzione indicata dal tuo post. Studio delle condizioni degli stagisti, definizione dei minimi. Presto vi informeremo su cosa stiamo facendo CONCRETAMENTE.
Ma c'è un altro argomento che citi che ci sta a cuore. Tu parli di una mancanza di centralità dello scrittore. La individui come causa dell'intercambiabilità e quindi di rassegnazione.
Beh, la chiusa del post in realtà è proprio legata a questo discorso.
E' successo che qualche giovane si è domandato quanto sia necessaria la "campagna di sensibilizzazione" che la SACT sta portando avanti in questo periodo, incentrata proprio sul ridare centralità alla scrittura.
Ci saranno diverse iniziative legate a questo argomento e avremo modo di annunciarle quanto prima.
Ecco, questa attività viene vista dai giovani in malo modo, come se fosse al servizio dei soli headwriter.
Non è così. E il tuo intervento ne è la dimostrazione.
Perché sì, si parte dagli headwriter, ma è per ridare un ruolo ed un'importanza a tutta la nostra categoria.
Quello che ci dispiace è che, invece di sentire il sacro fuoco della rivoluzione scorrere negli sfruttati e malpagati, invece di avvertire la voglia di un VERO cambiamento, ci arrivino segnali diversi. Ci è sembrato che si chiedesse alla SACT di assicurare un po' di ossigeno in una camera a gas.
Ecco, noi non vogliamo dare un po' di ossigeno, vogliamo eliminare la camera a gas.
Ma per farlo dobbiamo avere l'appoggio e la fiducia di tutti.

Anonimo ha detto...

Io non credo affatto che "le produzioni, a fronte di un compenso minimo più elevato e non tendente al ribasso" sarebbero "costrette a scegliere lo sceneggiatore che a parità di compenso sia in grado di garantire il miglior lavoro possibile.". Lo sarebbero se ancora occorressero degli sceneggiatori per scrivere quello che passa in TV... ma questo problema l'hanno risolto da tempo.