BARBARA PETRONIO
Anni fa ci venne in mente l’idea di far parlare gli scrittori stranieri, di sentire le loro esperienze e di confrontarci con loro. Così nacque il “Created by” , una serie di incontri con sceneggiatori europei che ci entusiasmarono con i loro racconti sul nostro lavoro, su quale è il ruolo dello scrittore e su come questo vada conquistato e difeso. La stagione dell’orgoglio, la chiamerei a posteriori, dove abbiamo capito che a pochi passi da noi qualcuno era fiero di fare lo sceneggiatore e riusciva a farlo assumendosi ogni responsabilità del proprio ruolo.
Il convegno finale del “Created by”, almeno a me, ha aperto gli occhi invece sulla realtà italiana e su quanto siamo distanti dal poter avere anche noi quella fierezza della professione che ho sentito nelle parole di Paul Abbott, Ashley Pharoah e di quanti sono intervenuti negli anni ai nostri incontri.
Ho passato diverso tempo a riflettere sull’esito di quella iniziativa che avevo molto caldeggiato e su quello che aveva prodotto… ho visto una grande partecipazione e allo stesso tempo un grande scetticismo, come se ognuno di noi sceneggiatori italiani in fin dei conti non si sentisse pronto per assumersi quella responsabilità, per fare quel salto. Mi sono domandata il perché e mi sono data molte risposte. Tutte mi riconducono a una questione di fondo: la professionalità. Come si conquista? Come si difende? Come si fa a farcela riconoscere dai nostri interlocutori?
Negli anni scorsi, la Sact ha provato a percorrere la strada del contratto nazionale di categoria, pensando che questo potesse essere la via più semplice per definire i principi minimi della nostra professione. Abbiamo ricevuto all’inizio un entusiasmante interesse da parte dei produttori e poi un lento declino e una serie di rimandi che la dicono lunga anche sul ruolo dei produttori in Italia. Essenzialmente pedine a cui piace stare in un gioco statico, sempre uguale a se stesso, dove ognuno racimola il suo pezzetto di torta senza porsi mai una prospettiva per il futuro, senza pensare a una loro funzione attiva nel mercato.
Il percorso del contratto nazionale e del Turning point ha reso chiara, almeno per me, la strada da seguire. Dobbiamo necessariamente cercare la coesione. Fare un passo noi per primi per tutelare i nostri diritti. Essere disposti a sacrificare qualcosa, a dire dei no quando necessario. E dirli con fermezza.
Per fare questo serve la Guild. L’associazione di un gruppo di persone che fanno lo stesso mestiere e che decidono di condividere dei principi e di essere disposti a sacrifici pur di difenderli. Questo è l’unico modo pratico che io vedo per tutelare la nostra professionalità. Si ama qualcosa quando si è disposti a esporsi in prima persona pur di difenderla. E noi, secondo me, dobbiamo prima di tutto imparare ad amare il nostro mestiere. Per questo, l’obiettivo della costituzione di una Guild mi sembra ormai un passaggio obbligato e inevitabile per il futuro della nostra categoria. Ho deciso di candidarmi ad essere membro del direttivo con questo scopo e spero che la mia visione delle cose sia condivisa da più persone possibile.
Barbara Petronio
Barbara Petronio
1 commento:
da Gianpaolo Furia s.a.c.t.n°176 (32)
Auguro preferenze a Barbara Petronio
sufficienti a portare nel nuovo Ordinamento Direttivo le convinzioni e i principi espressi:ho fatto anch'io-nel mio piccolo e debole agire di scrittore di script originali ed inediti- che purtroppo le Produzioni in Italia non hanno bisogno di applicarsi su sceneggiature e soggetti inediti proprio perchè le Committenze assicurano la fettina o la fettona della torta.Il nuovo passa attraverso il principio dei "cercatori d'oro" che setacciano attentamente quel che gli scorre nei vari uffici editoriali :ma purtroppo autori nuovi e le loro opere proposte rimangono sempre
fuori giuoco! Spero che tu,Barbara,possa attuare qualche iniziativa per "togliere qualche ingessatura"al sistema attuale che risulta pericolosamente chiuso..
Ciao dal collega Gianpaolo Furia
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